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Le ferie e il manifesto della mia fotografia banale

Dopo l’entusiasmo scaturito dalle uscite fotografiche che ho fatto in pausa pranzo all’inizio dell’anno scorso, la mia passione fotografica ha subito un nuovo stop: niente foto, niente instagram e niente blog per più di un anno (tanto che appena ripreso in mano il blog, neanche mi ricordavo come funzionasse WordPress). Certo il periodo non è stato facile, purtroppo si è concluso il tempo terreno per mio papà, e poi tra impegni familiari, lavoro e stanchezze varie a fotografare proprio non ci pensavo più.
Poi all’improvviso siamo partiti per una breve vacanza a Bibione (breve perchè per quanto possano durare le ferie, sono sempre brevi, è una delle innegabili tragedie della vita), una delle molte località marine veneziane disposte lungo la costa adriatica, e mentre rincorrevo mia figlia, ho visto mia moglie che prendeva in mano il telefono, lo teneva verticale e, sorpresa sorpresa, compiva una strana azione: scattava delle foto. E mi sono ricordato, ancora una volta che fotografare piaceva anche a me, e che anche io potevo farlo col telefono.

Contemporaneamente in quei giorni di relax, mentre mi riapprocciavo con ritrovato entusiasmo alla fotografia, mi tornava alla mente che prima di abbandonarla temporaneamente, mi ero molto interessato, direi invaghito, alle opere di famosi fotografi come Stephen Shore o William Eggleston, e a quel genere, che non so se si chiami proprio così, ma nell’internet lo chiamano così, di cui sono stati padri proprio loro due attirandosi critiche e forse anche insulti dai grandi fotografi del tempo, come Ansel Adams, e cioè del fotografare la vita quotidiana in tutta la sua banalità, e che chiamano appunto banalography, e che contrasta molto con quello che era per me la fotografia all’inizio, ovvero quella fotografia intesa come fotografare solo cose che apparentemente valesse la pena fotografare: paesaggi incredibili e mozzafiato, e momenti irrepitibili.
Fotografie che uno può fare solo in alta montagna, dopo essersi alzato in piena notte, aver camminato nell’oscurità e aver raggiunto la vetta giusto per l’alba, dopo aver fatto complicatissimi calcoli per capire in quale punto della sua orbita si trovi il sole in quel momento e quale meteo ci sarà.
E così, con tutta la mia umiltà, mi sono divertito a scattare proprio un po’ di banalità.

E poi oltre a questo affascinante genere fotografico, che sicuramente io non riesco a interpretare in modo soddisfacente, era rimasto a galla nel mare dei ricordi fotografici quell’editing che simula lo scatto analogico e la pellicola e suoi colori tenui, i delicati contrasti e le saturazioni basse spesso ottenuto mediante l’uso di appositi preset, ma a volte riuscendoci anche da solo (tra l’altro anche riapprocciarsi a Lightroom dopo un anno e mezzo non è stato semplicissimo),
Certo uno può dire “ma se ti piace l’effetto analogico, scatta con l’analogico” e debbo dire che ci ho pensato, ma sono pigro e scattare in analogico senza vedere quello che hai scattato, cercare uno stampatore bravo, far stampare le foto, aspettare che siano pronte, per poi scoprire, giorni dopo, che magari di 36 foto me ne sono uscite 5, sarebbe troppo uno sbattimento. E poi per come son fatto andrebbe a finire che per paura di sprecare fotogrammi preziosi, non scatterei mai.

Per il resto le ferie sono andate bene, quando volevamo andare a vedere il faro di Bibione è andata a fuoco la pineta ma almeno abbiamo beccato anche un bel tramontino, e sono un po’ uscito dalla sola banalità.

Foto scattate con ritrovato entusiasmo usando un iPhone 12 rosso e Lightroom Mobile che mi ha permesso di scattare in raw e di fare la postproduzione e anche di fare le lunghe esposizione al tramonto e che sono visibili qua sopra al pesce.


We went on vacation to Bibione, a charming resort on the Venetian coast, and, after a year and a half, I took up photography again, and I did it with my iPhone.
In doing so, I approached a new style: banalography.

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